Ralph Waldo Emerson

Natura (1836) - Parte II -
(Nature)




VI.        Idealismo

Così l'inesprimibile ma intelligibile e praticabile significato del mondo è trasmesso all'uomo, l'immortale allievo, in ogni oggetto di senso. Tutte le parti della natura cospirano a questo esito della Disciplina.
Un nobile dubbio perpetuamente si presenta, se questo esito non sia la Causa Finale dell'Universo; e se la natura esista esternamente. E attraverso una sufficiente porzione di quell'Apparenza che chiamiamo il Mondo, che Dio istruirà una mente umana, trasformandola nel destinatario di un certo numero di sensazioni congruenti, che chiamiamo sole e luna, uomo e donna, casa e commercio. Nella mia totale impotenza a verificate l'autenticità dei referti dei miei sensi, a conoscere se l'impressione che essi fanno su di me corrisponda a oggetti esteriori, quale differenza fa, se Orione è lassù nel cielo, o qualche dio ne dipinge l'immagine nel firma-mento dell'anima? Poiché le relazioni delle patti e l'esito del tutto rimangono uguali, qual è la differenza, che la terra e il mare interagiscano, e i mondi ruotino e si mescolino senza numero e senza fine, abissi spalancati sotto altri abissi, e galassie che bilanciano galassie, attraverso lo spazio assoluto, o che, senza relazioni di tempo e di spazio, le stesse apparenze siano inscritte nella costante fede dell'uomo? Che la natura goda di un esistenza sostanziale all'esterno, o che esista solo nella rivelazione della mente, è cosa ugualmente utile e venerabile per me. Qualunque cosa è ideale per me fino al punto in cui non posso verificare la precisione dei miei sensi.
Le persone superficiali scherzano sulla teoria Idealista, come se le sue conseguenze fossero grottesche; come se essa mettesse in discussione la stabilità della natura. Certamente no. Dio non scherza mai con noi, e non comprometterà il fine della natura permettendo una qualsiasi incongruenza nel suo processo. Ogni mancanza di fiducia nella permanenza delle leggi paralizzerebbe le facoltà umane. La loro permanenza è rispettata in modo sacro, e la fede in ciò è perfetta. Le ruote e i meccanismi dell'uomo sono predisposti sulla base dell'ipotesi della permanenza della natura. Non siamo costruiti come una nave per essere scossi dalle onde, ma come una casa per rimanere saldi. E naturale conseguenza di questa struttura, che fino a quando i poteri attivi predominano su quelli riflessivi, ci opponiamo con indignazione a ogni accenno che la natura sia destinata a durare meno o sia più mutevole dello spirito. Il mediatore, il carraio, il falegname, il doganiere sono costernati di fronte a una dichiarazione di questo genere.
Ma mentre accettiamo interamente la permanenza delle leggi naturali, la questione dell'assoluta esistenza della natura rimane ancora aperta. E un effetto uniforme della cultura sulla mente umana, quello di non indebolire la nostra fede nella stabilità di fenomeni particolari, come il calore, l'acqua, l'azoto, ma di condurci a considerare la natura come un fenomeno, non come una sostanza; ad attribuire esistenza necessaria allo spirito; a stimare la natura come un accidente e un effetto.
Ai sensi e a una intelligenza non rinnovata appartiene una sorta di istintiva credenza nell'assoluta esistenza della natura. Nella loro prospettiva l'uomo e la natura sono indissolubilmente legati. Le cose sono definitive ed esse non vedono mai oltre la propria sfera. La presenza della ragione distrugge questa fede. Il primo sforzo del pensiero tende ad allentare questo dispotismo dei sensi che ci vincola alla natura come distante e in qualche modo sospesa. Fino a quando questa più alta influenza non intervenga, l'occhio degli animali vede, con straordinaria precisione, lineamenti molto precisi e superfici colorate. Quando l'occhio della Ragione si apre, ai lineamenti esterni e alle superfici si aggiungono improvvisamente grazia ed espressione. Queste procedono dall'immaginazione e dall'affetto, e diminuiscono in qualcbe modo l'angolare precisione degli oggetti. Se la Ragione è stimolata a una visione più rigorosa, i lineamenti e le superfici diventano trasparenti, e non si scorgono più; le cause e gli spiriti attraverso di essi divengono visibili. I migliori, più felici momenti della vita sono questi deliziosi risvegli dei più alti poteri, e il reverente ritrarsi della natura davanti al suo Dio.
Procediamo a indicare gli effetti della cultura.


1. La nostra prima introduzione alla filosofia ideale èun suggerimento che viene dalla Natura stessa.
La natura è fatta per collaborare con lo spirito per la nostra emancipazione. Certi cambiamenti meccanici, una piccola alterazione nella nostra posizione locale, ci avvertono dell'esistenza di un dualismo. Noi siamo stranamente colpiti dal vedere la spiaggia da una nave in movimento, da una mongolfiera, o attraverso i colori di un cielo insolito. Il più piccolo cambiamento nel nostro punto di vista dà all'intero mondo un aspetto pittorico. Un uomo che cavalca di rado, ha solo bisogno di entrare in una carrozza e di attraversare la sua stessa città, per trasformare le strade in un teatrino di burattini. Gli uomini, le donne, che parlano, corrono, trafficano, combattono, il solerte artigiano, il fannullone, il mendicante, i ragazzi, i cani, subito perdono la loro consistenza o, almeno, sono interamente staccati da tutte le relazioni con l'osservatore, e visti come esseri apparenti, non sostanziali. Quali nuovi pensieri sono suggeriti dal vedere l'aspetto del tutto familiare della campagna da una carrozza della ferrovia in rapido movimento! Ecco, gli oggetti più comuni, dopo un lievissimo cambiata ento di punto di vista, ci piacciono di più. In una camera oscura ci divertono il carro del macellaio, e la figura di uno della nostra famiglia. Allo stesso modo il ritratto di un volto ben noto in qualche modo ci gratifica. Guarda di sotto in su il paesaggio, attraverso le gambe: come diventa gradevole quell'immagine, anche se l'hai osservata ogni giorno negli ultimi vent'anni!
In questi casi, attraverso mezzi meccanici, vien suggerita la differenza tra l'osservatore e lo spettacolo, tra l'uomo e la natura. Di qui sorge un piacere mescolato con il timore; direi che si percepisce un basso grado di sublime dal fatto probabilmente che qui l'uomo avverte che, mentre il mondo è uno spettacolo, qualcosa in lui è stabile.


2. In un modo più alto il poeta comunica lo stesso piacere. Attraverso pochi segni egli delinea, come nell'aria, il sole, la montagna, il campo, la città, l'eroe, la fanciulla, in modo non diverso da come li conosciamo, ma solamente sollevati da terra e sospesi davanti all'occhio. Egli libera la terra e il mare, e li fa girare attorno all'asse del suo pensiero primario, e li ridispone. Posseduto da un'eroica passione, egli usa la materia come simbolo di questa. L'uomo sensuale conforma i pensieri alle cose; il poeta conforma le cose ai suoi pensieri. L'uno stima la natura nelle sue radici e nella sua fissità; l'altro, come un fluido, e vi imprime il suo essere. Per lui il mondo refrattario è duttile e flessibile; egli investe di umanità la polvere e le pietre, e li trasforma in parole della Ragione. L'Immaginazione può essere definita come l'uso che la Ragione fa del mondo materiale. Shakespeare possiede il potere di subordinare la natura agli scopi dell'espressione, più di tutti i poeti. La sua imperiale musa fa rimbalzare la creazione da una mano all'altra come un gingillo, e la usa per incarnare ogni ombra di pensiero che gli si affacci alla mente. I più remoti spazi della natura sono visitati, e le cose più lontane e divise sono tenute insieme da una sottile connessione spirituale. Diveniamo consapevoli che la grandiosità delle cose materiali è relativa e che tutti gli oggetti si contraggono o si espandono per servire la passione del poeta. Perciò nei suoi sonetti, egli scopre che i nidi degli uccelli, i profumi e i colori dei fiori non sono che ombra della sua amata; il tempo, che la mantiene lontana da lui è il suo scrigno; il sospetto che essa si sia risvegliata, è il suo ornamento;

Ornamento di bellezza è Sospetto,
Nell'aria più dolce del cielo, un corvo che vola (16)

Il suo sentimento non è il frutto del caso; essa si dilata, appena lui parla, a una città, o a uno stato.

No, non fu creato come accidente;
Non soffre le lusinghe dello sfarzo, né cade
Sotto il cipiglio di un servile malcontento;
Non teme la politica, quell'eretico
Che opera per spazi di brevi ore contate
Ma tutto solo sta altamente politico (17)

Nella forza di questa fermezza, le Piramidi gli sembrano un fatto recente e transitorio. La freschezza della giovinezza e dell'amore lo abbaglia per la sua somiglianza al mattino.

Allontana queste labbra
Che sì dolci hanno mentito;
E gli occhi, alba del giorno,
Luci che ingannano il mattino. (18)

La selvaggia bellezza di questa iperbole, posso dire di passaggio, non trova facilmente paragoni in letteratura.
Questa trasfigurazione che tutti gli oggetti materiali subiscono attraverso la passione del poeta, questo potere che egli esercita, in ogni momento, di magnificare ciò che è piccolo e di sminuire ciò che è grande, può essere illustrato da migliaia di esempi dalle sue opere. Ho davanti a me la Tempesta, e citerò solamente questi pochi versi.

Il promontorio dalle forti basi
ho scosso, e con i colpi ho sradicato
Il pino e il cedro.

Prospero invoca una musica per calmare il frenetico Alonzo, e i suoi compagni:

Una solenne aria è il miglior conforto
Per una fantasia turbata. Possa guarire il tuo cervello,
Ora inutile gonfiore nel tuo cranio.

Ancora:

L'incanto dissolve rapidamente,
E, come il mattino subentra furtivo alla notte,
Diradando le tenebre, così i loro sensi che si svegliano
Cominciano a scacciare le nebbie dell'ignoranza che avvolgono
La loro ragione più chiara.
La loro comprensione
comincia ad espandersi: e la marea montante
nempira' in breve le spiagge della ragione
che ora giacciono sporche e fangose (19)


La percezione di reali affinità tra gli eventi (cioè a dire, di ideali affinità, poiché solamente quelle sono reali), mette dunque il poeta nella condizione di liberarsi dalle forme e dai fenomeni più imponenti del mondo e di asserire la preminenza dell'anima.



3. Perciò il poeta, mentre ci rallegra animando la natura con i propri pensieri come un creatore, differisce dal filosofo solamente in questo, che l'uno propone la Bellezza come suo scopo principale, l'altro la Verità. Ma il filosofo, non meno del poeta, pospone l'apparente ordine e le relazioni delle cose al dominio del pensiero «Il problema della filosofia - secondo Platone - èquello di trovare un terreno incondizionato e assoluto per tutto ciò che esiste condizionatamente». (20) Essa procede sulla base della fede che una legge determina tutti i fenomeni: conoscendola, tutti i fenomeni possono essere predetti. Quella legge, quando si trova nella mente, è un'idea. La sua bellezza è infinita. Il vero filosofo e il vero poeta sono un'unica persona, e una bellezza, che è verità, e una verità, che è bellezza, sono lo scopo di entrambi. Il fascino di una definizione di Platone o di Aristotele non è forse rigorosamente prossimo a quello dell'Antigone di Sofocle? Si tratta, in entrambi i casi, del fatto che una vita spirituale è stata impartita alla natura; che l'apparentemente solido blocco di materia è stato pervaso e dissolto da un pensiero; che questo debole essere umano ha penetrato le vaste masse della natura con un anima che le informa, e ha riconosciuto se stesso nella loro armonia, cioè, ha colto la loro legge. Nella fisica, quando ciò si realizza, la memoria si scarica dei suoi ingombranti cataloghi di particolari e riduce secoli di osservazioni a una singolare forma.
Perciò perfino nella fisica ciò che è materiale è sempre degradato di fronte allo spirituale. L'astronomo, il geometra fanno affidamento sulla loro inconfutabile analisi, e disdegnano i risultati dell'osservazione. La sublime osservazione di Eulero a proposito della sua legge degli archi: «Si scoprirà che questo è contrario all'esperienza, eppure vero» ha già trasferito la natura nella mente, e lasciato la materia come un cadavere reietto.


4. E stato osservato che la ricerca speculativa genera invariabilmente un dubbio sull'esistenza della materia. Turgot dice: «E certo che chi non ha mai dubitato dell'esistenza della materia, non ha attitudine alle ricerche metafisiche». La ricerca fissa l'attenzione sulle nature immortali, necessariamente increate, cioè sulle Idee; e alla loro magnifica e maestosa presenza sentiamo che il nostro essere esterno è un sogno e un'ombra. Mentre aspettiamo in questo Olimpo di dei, pensiamo alla natura come a un'appendice dell'anima. Ascendiamo alla loro regione, e riconosciamo che queste idee sono i pensieri dell'Essere Supremo. «Esse furono costituite dall'eternità, dall'inizio, o prima che la terra fosse. Quando egli preparò i cieli, erano là; quando stabili le nuvole in alto, quando fissò le sorgenti degli abissi. Allora esse erano con lui, come cresciute con lui. Egli trasse da loro consiglio».
La loro influenza è proporzionata. Come oggetti di scienza esse sono accessibili a pochi uomini. Pure tutti gli uomini possono innalzarsi alla loro regione attraverso la pietà o la passione. E nessun uomo tocca queste divine nature senza diventare in qualche grado egli stesso divino. Come una nuova anima, esse rinnovano il corpo. Diventiamo fisicamente sottili e leggeri; camminiamo sull'aria; la vita non è più un fardello e pensiamo che non lo sarà mai. Nella loro serena compagnia, nessuno teme l'età, la sfortuna o la morte, poiché viene sottratto alla regione del cambiamento. Quando contempliamo senza veli la natura della Giustizia e della Verità, impariamo la differenza tra l'assoluto e il condizionato o relativo. Apprendiamo l'assoluto. Come se fosse la prima volta, esistiamo. Diventiamo immortali perché impariamo che il tempo e lo spazio non sono che relazioni della materia, che non hanno alcuna affinità con una percezione della verità o con una volontà virtuosa.


5. Infine, la religione e l'etica, che possono opportunamente essere chiamate la pratica delle idee e l'introduzione delle idee nella vita, hanno un analogo effetto rispetto a tutta la cultura più bassa, nel degradare la natura e nel suggerire la sua dipendenza dallo spirito. Etica e religione differiscono in ciò, che una rappresenta il sistema dei doveri umani a partire dall'uomo, l'altra, da Dio. La Religione include la personalità di Dio, l'etica no. Esse, nel nostro presente disegno, sono una cosa sola. Entrambe mettono la natura sotto i piedi. La prima e l'ultima lezione della religione è: «Le cose visibili sono temporali; le cose invisibili sono eterne». Questo è un oltraggio nei confronti della natura. Negli incolti opera quello che la filosofia opera in Berkeley e Vyasa. (21)Il linguaggio uniforme che si può udire nelle chiese delle sette più rozze è: «Disprezza le apparenze non sostanziali del mondo: sono vanità, sogni, ombre, irrealtà; cerca le realtà della religione». Il devoto si fa beffe della natura. Alcuni teosofi sono arrivati a una certa ostilità e indignazione nei confronti della materia, come i Manichei e Plotino. Essi diffidano di ogni nostalgia per queste pentole piene di carne dell'Egitto. Plotino provava vergogna del suo corpo. In breve, tutti questi possono dire della materia, quello che Michelangelo ha detto della bellezza eterna: «Stoppia fragile e consunta, con cui Dio veste l'anima che egli ha chiamato nel tempo». (22) E chiaro così che il movimento, la poesia, la scienza fisica e speculativa e la religione toccano tutte le nostre convinzioni sul mondo esterno. Ma riconosco che c'è una certa mancanza di riconoscenza nell'espandere con eccessiva curiosità i particolari della proposizione generale secondo cui tutta la cultura ci imbeve di idealismo. Non ho ostilità nei confronti della natura, ma l'amo come un bambino. Mi muovo e vivo nel caldo giorno come il frumento e i meloni. Parliamo di lei in modo equo. Non vorrei tirare pietre sulla mia bellissima madre, né sporcare il mio nido gentile. Vorrei solo indicare la vera posizione della natura rispetto all'uomo, giacché ogni corretta educazione mira a questo scopo: raggiungere questo risultato la connessione dell'uomo con la natura - è l'oggetto della vita umana. La cultura inverte le visioni ordinarie della natura e spinge la mente a chiamare apparente ciò che si suole chiamare reale, e reale ciò che si è soliti chiamare visionario. I bambini, è vero, credono nel mondo esterno. Il pensiero che esso sia pura apparenza è successivo, ma con la cultura questa fede sorgerà sicuramente alla mente, come la prima volta.
Il vantaggio dell'idealismo sulla fede popolare è questo, che presenta il mondo proprio nel modo in cui èpiù desiderabile per la mente. Esso rappresenta, infatti, il punto di vista assunto dalla Ragione, sia speculativa che pratica, cioè come filosofia e come virtù. Giacché, visto alla luce del pensiero, il mondo è sempre fenomenico, e la virtù lo subordina alla mente. L'idealismo ve-de il mondo in Dio. Contempla l'intera cerchia delle persone e delle cose, delle azioni e degli eventi, dei paesi e delle religioni, non come un qualcosa che è accumulato faticosamente, atomo dopo atomo, atto dopo atto, nel lento avanzare delle età, ma come un vasto quadro che Dio dipinge nell'immediata eternità per la contemplazione dell'anima. Perciò l'anima si trattiene da troppo ordinari e microscopici studi del quadro universale. Essa rispetta troppo il fine per perdersi nei mezzi; vede nel cristianesimo qualcosa di più importante degli scandali della storia ecclesiastica o delle sottigliezze della critica; e, nient'affatto curiosa riguardo a persone o a miracoli, senza farsi problema delle prove storiche, accetta da Dio il fenomeno, come lo trova, come pura e impressionante forma di religione nel mondo. Non si scalda, non si appassiona intorno all'apparenza di ciò che chiama buona o cattiva sorte, intorno al favore o al contrasto di questa o quella persona. Nessun uomo e suo nemico. Essa accetta qualunque cosa le possa accadere, come parte della sua lezione. Osserva, piuttosto che fare, e fa solo per poter meglio osservare.



VII.         Spirito

E essenziale che una vera teoria della natura e dell'uomo sia in qualche modo progressiva. Usi che sono esauriti o che possono esserlo e fatti che si esauriscono in parole non possono essere tutto ciò che è vero a proposito di questo bel soggiorno in cui l'uomo è ospitato, e in cui tutte le sue facoltà trovano un appropriato e infinito esercizio. E tutti gli usi della natura ammettono di essere sommati in un solo, che si apre come sfera infinita all'attività umana. Attraverso tutti i suoi regni, fino agli elementi esterni e alla periferia delle cose, essa rimane fedele alla causa da cui ha avuto origine. Essa sempre parla di Spirito. Suggerisce l'assoluto. E un perpetuo effetto. E una grande ombra che indica sempre il sole alle nostre spalle.
L'aspetto della natura è devoto. Come la figura di Cristo, essa sta con il capo piegato, e le mani raccolte sul petto. L'uomo più felice è colui che apprende dalla natura la lezione dell'adorazione.
Colui che pensa di più, dirà il minimo di quell'ineffabile essenza che chiamiamo Spirito. Possiamo intravvedere Dio nei fenomeni grezzi e in qualche modo distanti della materia; ma quando tentiamo di descriverlo e di definirlo, sia il linguaggio che il pensiero ci abbandonano, e restiamo impotenti, come stolti e selvaggi. Quell'essenza rifiuta di essere tradotta in proposizioni, ma quando l'uomo l'ha adorata intellettualmente, il più nobile ministero della natura è quello di presentarsi come apparizione di Dio. E l'organo attraverso cui lo spirito universale parla a quello individuale, e cerca con forza di ricondurre ad esso lo spirito individuale.

Quando consideriamo lo Spirito, vediamo che le opinioni già presentate non includono l'uomo nella sua interezza. Dobbiamo a questo proposito aggiungere qualche riflessione.
Tre problemi sono posti alla mente dalla natura: che cos'è la materia? da dove viene? e dove va? L'idealismo risponde solamente alla prima di queste domande. L'idealismo dice: la materia è un fenomeno, non una sostanza. L'idealismo ci avverte della totale disparità tra l'evidenza del nostro essere e l'evidenza dell'essere del mondo. L'uno è perfetto; l'altro, incapace di ogni certezza; la mente è una parte della natura delle cose; il mondo è un sogno divino, da cui possiamo subito svegliarci alle glorie e alle sicurezze del giorno. L'idealismo è l'ipotesi di considerare la natura attraverso principi diversi da quelli della carpenteria e della chimica. Pure, se si limitasse a negare l'esistenza della materia, non soddisfa le domande dello spirito. Lascia Dio esterno a me. Mi lascia nello splendido labirinto delle mie percezioni a vagare senza fine. Quindi il cuore resiste a questo tipo di idealismo, perché negando consistenza effettiva a uomini e donne non considera gli affetti. La natura è così pervasa dalla vita umana che c'è qualcosa di umano nel tutto e in ogni particolare. Ma questa teoria mi rende straniera la natura e non tiene conto di quella consanguineità che le riconosciamo.
Manteniamola dunque, nella presente condizione della nostra conoscenza, semplicemente come un'utile ipotesi introduttiva, che ci serve a farci apprezzare l'eterna distinzione tra l'anima e il mondo.
Ma quando, seguendo gli invisibili passi del pensiero, giungiamo a domandarci: da dove viene la materia? dove si dirige? molte verità sorgono per noi dai recessi della coscienza. Apprendiamo che ciò che è più nobile è presente all'anima dell'uomo; che la terribile essenza universale, che non è sapienza, o amore, o bellezza, o potenza, ma tutto in uno, e ciascuna di queste interamente, è ciò per cui tutte le cose esistono e grazie a cui sono; apprendiamo che lo spirito crea; che lo spirito è presente dietro la natura, attraverso la natura; che, uno e non composto, agisce su di noi non dall'esterno, cioè nello spazio e nel tempo, ma spiritualmente, o attraverso noi stessi: perciò quello spirito, cioè l'Essere Supremo, non costruisce la natura attorno a noi, ma la produce attraverso di noi, come la vita dell'albero mette nuovi rami e nuove foglie attraverso i pori delle vecchie. Come una pianta sulla terra, così un uomo riposa sul petto di Dio; è nutrito da inesauribili sorgenti e dispone di un potere inesauribile in risposta al suo bisogno. Chi può mettere limiti alle possibilità dell'uomo? Quando ci nutriamo di nobili ideali, e siamo ammessi a contemplare le assolute nature della giustizia e della verità, apprendiamo che l'uomo ha accesso all'intera mente del Creatore, è egli stesso creatore nel finito. Questo pensiero, che mi indica dove si trovano le fonti in cui giacciono la sapienza e il potere, e indica nella virtù

La chiave d'oro
Che apre il palazzo dell'eternità (23)

porta sul suo volto la più alta attestazione di verità, perché esso mi spinge a creare il mio mondo attraverso la purificazione della mia anima.
Il mondo procede dallo stesso spirito da cui procede il corpo umano. E un'incarnazione di Dio più remota e inferiore, una proiezione di Dio nell'inconscio. Ma differisce dal corpo in un importante aspetto. Non è, come quello, soggetto alla volontà umana. Il suo sereno ordine è inviolabile da parte nostra. Perciò è, per noi, ciò che illustra nel presente la mente divina. E un punto fermo attraverso cui possiamo misurare il nostro distacco. Appena degeneriamo, il contrasto tra noi e la nostra dimora diviene più evidente. Diventiamo tanto estranei alla natura, quanto siamo alieni da Dio. Non comprendiamo il canto degli uccelli. La volpe e il cervo fuggono da noi; l'orso e la tigre ci sbranano. Non conosciamo che l'utilità di poche piante, come il frumento, il melo, le patate e la vite. Non è forse il paesaggio, ogni parte del quale appare grandiosa alla vista, un volto di lui? Pure questo può mostrarci quale discordanza esista tra l'uomo e la natura, poiché non si può ammirare liberamente un nobile paesaggio se dei coloni stanno lavorando duramente nel campo con la vanga. Il poeta trova qualcosa di ridicolo nel suo piacere fino a quando non viene a trovarsi fuori dalla vista degli uomini.



VIII.         Prospettive

Nelle ricerche che riguardano le leggi del mondo e la struttura delle cose, la ragione più alta è sempre la più vera. Ciò che sembra appena possibile, è così rarefatto, è spesso così debole e oscuro poiché è situato nel punto più profondo della mente tra le verità eterne. La scienza empirica può oscurare la vista, e proprio attraverso la conoscenza delle funzioni e del processi può privare chi la studia di una virile contemplazione del tutto. L'erudito perde il contatto con la poesia. Ma il naturalista più colto che presta un'intera e devota attenzione alla verità, vedrà che rimane molto da imparare su questa relazione con il mondo, e che questa non deve essere appresa mediante addizione o sottrazione o da altro confronto di quantità conosciute, ma va raggiunta attraverso movimenti spontanei dello spirito, attraverso una continua conquista di sé, e una completa umiltà. Si renderà conto che nello studioso ci sono qualità molto superiori alla precisione e all'infallibilità; che una congettura è spesso più fruttuosa di un'indiscutibile affermazione, e che un sogno può introdurci più addentro nei segreti della natura di centinaia di esperimenti ben escogitati.

Giacché i problemi che devono essere risolti sono proprio quelli che il fisiologo e il naturalista omettono di enunciare. Non spetta all'uomo conoscere tanto tutti gli individui del regno animale, quanto da dove viene e verso dove conduce questo tirannico principio unificante in lui presente, che continuamente distingue e classifica le cose e si sforza di ridurre le più diverse a un'unica forma. Quando contemplo uno splendido paesaggio, il mio scopo non è tanto quello di enumerare correttamente l'ordine e la sovrapposizione dei diversi strati, quanto piuttosto quello di riconoscere perché tutto il pensiero della molteplicità si perda in un tranquillo senso di unità. Non posso prestare grande attenzione alla piccolezza dei dettagli fino a che non c'è indizio che spieghi la relazione tra le cose e i pensieri; finché nessun raggio illumina la metafisica della conchiliologia, della botanica, delle arti, in modo da mostrare la relazione delle forme dei fiori, delle conchiglie, degli animali, dell'architettura, con la mente, e da costruire la scienza sulla base delle idee. In un gabinetto di storia naturale, percepiamo una certa occulta identificazione e simpatia riguardo alle più goffe ed eccentriche forme delle bestie, dei pesci e degli insetti. L'americano che si è limitato, nel suo paese, alla vista di edifici disegnati seguendo modelli stranieri, rimane sorpreso nell'entrare nella cattedrale di York o in S. Pietro a Roma, avvertendo che queste strutture sono anch'esse imitazioni, deboli copie di un invisibile archetipo. Né la scienza ha sufficiente umanità, fino a che il naturalista trascura quella straordinaria corrispondenza che esiste tra l'uomo e il mondo; di cui l'uomo è signore, non perché ne
sia il più perspicace abitante, ma perché ne rappresenta la guida e il cuore, e trova qualcosa di se stesso in ogni grande o piccola cosa, in ogni strato di montagna, in ogni nuova legge del colore, in ogni nuovo fatto astronomico, o in ogni influenza atmosferica che l'osservazione o l'analisi mettano in luce. La percezione di questo mistero ispira la musa di George Herbert, l'affascinante salmista del diciassettesimo secolo. I seguenti versi sono parte del suo piccolo poema sull'uomo.

L'uomo è tutto simmetria,
Pieno di proporzioni, un arto coll'altro,
E tutto l'uomo con tutto il mondo
Ogni membro può chiamare fratello il più lontano
Poiché il capo e i piedi hanno un'intima connessione
Ed entrambi sono legati alle lune e alle maree.

Niente è così lontano


che l'uomo non lo catturi e tenga come sua preda;
I suoi occhi fanno scendere le stelle più alte:
In piccolo egli è tutta la sfera.
Le erbe felicemente curano la nostra carne, poiché esse
Trovano qualcosa a loro affine.

Per noi soffiano i venti,
La terra riposa, il cielo si muove, e le fontane scorrono.
Nulla vediamo che non significhi il nostro bene,
nostra delizia, o nostro tesoro;
Il tutto è nostro luogo di nutrimento o stanza di piacere.

Le stelle ci mandano a dormire:
La notte tira la cortina che il sole solleva.
La musica e la luce ci accompagnano.
Tutte le cose sono gentili verso la nostra carne,
Nel loro discendere ed essere; verso la nostra mente,
Nella loro ascesa e causa.

Più servi sono soggetti all'uomo
Di quanti egli s'avveda. In ogni sentiero,
Egli calpesta ciò che gli soccorre,
Quando la malattia lo rende pallido e debole.
Oh possente amore! L'uomo è un mondo, e
Un altro lo accompagna.


La percezione di questa categoria di verità produce l'attrazione che spinge gli uomini verso la scienza, ma si perde di vista il fine con l'attenzione ai mezzi. Di fronte alla scienza come conoscenza dimezzata, accettiamo l'affermazione di Platone, che «la poesia arriva piu vicino alla verità vitale di quanto non possa la storia». Ogni congettura e divinazione ha diritto a un certo rispetto, e impariamo a preferire teorie imperfette, e frasi che contengono tracce di verità, a sistemi ben ordinati che non offrono alcun valido suggerimento. Uno scrittore saggio sentirà che gli scopi dello studio e della composizione sono soddisfatti nel migliore dei modi annunciando regioni del pensiero non ancora scoperte, comunicando così, attraverso la speranza, una nuova attività allo spirito apatico.
Per questi motivi concluderò questo saggio richiamandomi ad alcune tradizioni sull'uomo e la natura, che un certo poeta mi ha cantato e che, come sono sempre state presenti nel mondo, forse riappariranno a ogni cantore, sia nella storia che nella profezia.
«I fondamenti dell'uomo non sono nella materia, ma nello spirito. L'elemento dello spirito è l'eternità. Per lui, dunque, la serie più lunga degli eventi, e le più antiche cronologie sono giovani e recenti. Nel ciclo dell'uomo universale, da cui procedono gli individui conosciuti, i secoli sono punti, e tutta la storia non è che l'epoca di una degradazione.
«Noi rinneghiamo e sconfessiamo interiormente la nostra simpatia con la natura. Ammettiamo e neghiamo i nostri rapporti con lei, di volta in volta. Siamo come Nabucodonosor, detronizzati, privati della ragione, e intenti a mangiare erba come un bue. Ma chi può porre limiti alla efficacia curativa dello spirito?
«Un uomo è un dio in rovina. Quando gli uomini sono innocenti, la vita sarà più lunga, e diventerà immortale dolcemente, come ci risvegliamo dai sogni. Ora, il mondo sarebbe folle e furioso, se questa disorganizzazione dovesse durare per centinaia di anni. È dominato dalla morte e dall'infanzia. L'infanzia è il perpetuo Messia, che viene nelle braccia di uomini caduti, e li invita a tornare in paradiso.
«L'uomo è il nano di se stesso. Una volta egli era permeato, dissolto dallo spirito. Ha riempito la natura con le sue traboccanti correnti. Da lui sorgono il sole e la luna; dall'uomo il sole, dalla donna la luna. Le leggi della sua mente, i periodi delle sue azioni si esprimevano nel giorno e nella notte, nell'anno e nelle stagioni. Ma, avendo creato per se stesso questo enorme guscio, le sue acque si sono ritirate; egli non riempie più le vene e i capillari; è ridotto a una goccia. Vede che la struttura è ancora della giusta misura per lui, ma lo è in modo colossale. Si può dire, piuttosto, che una volta era adatta a lui, mentre ora gli corrisponde solo da lontano e dall'alto. Egli adora timidamente il suo stesso lavoro, Ora è l'uomo il seguace del sole, la donna della luna. Pure qualche volta sobbalza nel suo sonno, e si meraviglia di se stesso e della sua casa, e medita stranito sulla somiglianza tra sé e questa. Percepisce che se la sua legge è ancora superiore, se possiede ancora un potere elementare, "se la sua parola rimane nonostante tutto autentica in natura" (24), si tratta di un potere non consapevole, non inferiore, ma superiore alla sua volontà. E l'istinto».
In questo modo ha cantato il mio poeta orfico. (25)
Nel momento presente, l'uomo non applica alla natura che metà della sua forza. Opera nel mondo con la sola intelligenza. Vive in esso e lo domina con un soldo di sapienza; e colui che opera soprattutto in esso non e che un mezzo uomo; mentre le braccia sono forti e la digestione buona, la mente è abbrutita, è un selvaggio egoista. Il suo rapporto con la natura, il suo potere su di essa è attraverso l'intelligenza, come concime; l'utilità economica del fuoco, il vento, l'acqua, e l'ago della bussola; il vapore, il carbone, l'agricoltura chimica; le riparazioni del corpo umano a opera del dentista e dchimico. E una ripresa di potere come se un re allontanato dai suoi territori dovesse comprarli pollice dopo pollice, invece di saltare all'improvviso sul proprio trono. Nel frattempo, nella spessa oscurità, non sono mancati baleni di una luce migliore, esempi occasionali dell'azione dell'uomo sulla natura come l'intera sua forza, tanto con la ragione, quanto con l'intelletto. Questi esempi sono la tradizione dei miracoli nella storia più antica delle nazioni; la vicenda di Gesù Cristo; la traduzione pratica di principi, sia nelle rivoluzioni religiose che in quelle politiche, e nell'abolizione del commercio degli schiavi; i miracoli dell'entusiasmo, come quelli di Swedenborg, di Hohenlohe (26), e dei Quaccheri; i molteplici oscuri e pure contestati fatti, che ora vanno sotto il nome di magnetismo animale; la preghiera, l'eloquenza, la possibilità di guarire se stessi; e la sapienza dei bambini. Questi sono esempi della momentanea presa di potere da parte della Ragione; l'esercizio di un potere che non esiste nel tempo e nello spazio, ma che irrompe con efficacia nell'istante. La differenza fra la forza reale e quella ideale dell'uomo è felicemente descritta dai filosofi scolastici, nel dire che la conoscenza dell'uomo è una conoscenza notturna, vespertina cognitio, mentre quella di Dio è una conoscenza mattutina, matutina cognitio.
Il problema di restaurare l'originaria ed eterna bellezza del mondo è risolto attraverso la redenzione dell'anima. La rovina o il vuoto che vediamo quando guardiamo alla natura, sono nel nostro occhio. L'asse della visione non coincide con l'asse delle cose, e così esse non appaiono trasparenti, ma opache. La ragione per cui il mondo manca di unità, e giace a pezzi e a mucchi, è che l'uomo manca di unità con se stesso. Egli non può essere un naturalista fino a che non soddisfa tutte le domande dello spirito. L'amore è sia un bisogno che una percezione. Nessuno dei due può essere perfetto senza l'altro. Nel supremo significato delle parole, il pensiero è devoto, e la devozione è pensiero. Il profondo chiama il profondo. Ma nella società attuale questo matrimonio non è celebrato. Ci sono uomini innocenti che adorano Dio secondo la tradizione dei loro padri, ma il loro senso del dovere non si è ancora esteso all'uso di tutte le loro facoltà. E ci sono pazienti naturalisti, ma essi raffreddano il loro soggetto sotto il gelido vento dell'intelligenza. Non è una preghiera anche lo studio della verità, un escursione dell'anima nell'infinito sconosciuto? Nessuno ha mai pregato di cuore senza imparare qualcosa. Ma quando un pensatore devoto, risoluto a isolare ogni oggetto da relazioni personali e a vederlo nella luce del pensiero, accenderà nello stesso tempo la scienza con il fuoco dei più sacri affetti, allora Dio riprenderà a creare.
Non ci sarà bisogno, per la mente preparata allo studio, di cercare oggetti. Il segno invariabile della saggezza consiste nel vedere il miracolo in ciò che è comune. Che cos'è un giorno? Che cos'è un anno? Che cos'è un'estate? Che cos'è una donna? Che cos'è un bambino? Che cos'è il sonno? Alla nostra cecità, queste cose sembrano prive di valore. Noi raccontiamo favole per nascondere la povertà del fatto e conformarlo, come noi diciamo, alla più alta legge della mente. Ma quando il fatto è visto alla luce di un'idea, la favola sfarzosa scolorisce e avvizzisce. Contempliamo la vera, più alta legge. Per il saggio perciò un fatto è vera poesia, e la più bella delle favole. Queste meraviglie sono alle nostre porte. Anche tu sei un uomo. L'uomo e la donna e la loro vita sociale, la povertà, il lavoro, il sonno, la paura, la fortuna, ti sono noti. Impara che nessuna di queste cose è superficiale, ma che ogni fenomeno ha le sue radici nelle facoltà e negli affetti della mente. Mentre la questione astratta occupa il tuo intelletto, la natura lo trasforma in un fatto concreto da risolversi con le tue mani. Sarebbe una valida ricerca mettersi al tavolino e paragonare punto dopo punto, specialmente nei momenti di crisi nella vita, la nostra storia quotidiana con la nascita e il progresso delle idee nella mente.
Così giungeremo a guardare al mondo con nuovi occhi. La risposta alla domanda senza fine dell'intelletto: Che cos'è la verità? e degli affetti: Che cos'è il bene? Questa risposta verrà abbandonandosi passivamente alla volontà educata. Avverrà allora quello che ha detto il mio poeta: «La natura non è fissa ma fluida. Lo spirito la altera, la modella, la fa. L'immobilità o la brutalità della natura è assenza di spirito; per il puro spirito essa è fluida, instabile, obbediente. Ogni spirito costruisce per se stesso una casa e oltre alla sua casa un mondo, e oltre al suo mondo un cielo. Considera dunque che il mondo esiste per te. Perché tu sei il fenomeno perfetto. Possiamo vedere solo ciò che siamo. Puoi avere e fare tutto quello che Adamo ha avuto, Cesare ha fatto. Adamo ha chiamato la sua casa, cielo e terra; Cesare ha chiamato la sua casa, Roma; tu forse chiami tuo il negozio di un calzolaio, un centinaio di acri di terra arata, o la soffitta di uno studioso. Pure, verso dopo verso e punto dopo punto il tuo dominio è altrettanto grande del loro, anche se privo di nomi famosi. Costruisci perciò il tuo proprio mondo. Appena conformerai la tua vita alla pura idea nella tua mente, ti si riveleranno le sue grandi proporzioni. Una corrispondente rivoluzione nelle cose accompagnerà l'influsso dello spirito. In questo modo svaniranno rapidamente le sgradevoli apparenze, maiali, ragni, serpenti, insetti, manicomi, prigioni, nemici; essi sono temporanei e spariranno. Il sole asciugherà e il vento disperderà lo sporco e il sudiciume della natura. Come quando l'estate viene dal sud e i banchi di neve si sciolgono e il volto della terra diventa verde davanti a essa, così lo spirito che avanza creerà i propri ornamenti lungo il suo sentiero e porterà con sé la bellezza che lo visita e la canzone che lo incanta; disegnerà splendidi volti, caldi cuori, un saggio discorso, e atti eroici, attorno alla sua via, fino a che il male sparirà. Il regno dell'uomo sulla natura, un regno che viene non osservato, un dominio che oltrepassa il suo stesso sogno di Dio, si instaurerà suscitando nell'uomo una meraviglia non inferiore a quella del cieco cui gradualmente è restituita la vista perfetta».




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NOTE

(16 )W. Shakespeare, sonetto LXX.
(17) Id., sonetto CXXIV.
(18) Id., Measure for Measure, IV, I, 1-4.
(19) Id., The Tempest, V, I, 46-68.

(20) Cita da Coleridge, The Friend.
(21) Poeta e saggio indiano, cui si attribuisce il Mahabharata.
(22) Cfr. il Sonetto 51, Il, 9-11 di Michelangelo.

(23) Milton, Comus, 13-15.
(24) W. Shakespeare, King Richard, Il, IV, I, 264.
(25) Con ogni probabilità è di Emerson stesso.
(26) Lo scrittore cattolico e vescovo Alexander Leopold di Hohenlohe-Waldenberg-Schillingsfuerst (1794-1849).