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TRASCENDENTALISMO

Una definizione molto chiara del trascendentalismo ce la dà lo stesso Emerson:

"Ciò che chiamano trascendentalismo non è che l'idealismo: l'idealismo quale appare oggi, nel 1842....E' ben noto al mio pubblico che l'idealismo odierno ha tratto il nome di «trascendentale» dall'uso del termine fattone da Emanuele Kant di Koenigsberg, il quale replicava alla filosofia scettica di Locke, secondo la quale non c'era nulla nell'intelletto che non fosse prima nell'esperienza dei sensi, dimostrando che c'era una classe assai importante di idee o di forme imperative che non derivano in nessun modo dall'esperienza, ma attraverso le quali l'esperienza veniva acquisita; che queste erano intuizioni dello spirito; ed egli le chiamò forme trascendentali." ( The Transcendentalist, 1842 )

Vi è sicuramente uno stretto rapporto con l'unitarianismo, nonostante le ascendenze settecentesche, e l'appartenenza degli unitari "in quanto classe" alla scuola di Locke (cfr. Octavius B. Frothingham, Transcendentalism in New England. A History, New York 1876, cap. VI, cit. in Vernon Louis Parrington, Storia della cultura americana. II . La rivoluzione romantica. 1800-1860, p. 476, Torino 1969).
Infatti, è dalla dottrina dell'apertura mentale, che dell' unitarianismo rappresenta forse l'idea centrale, che derivò il trascendentalismo. E unitariani erano, per lo più, i trascenden talisti. Inoltre, quasi a confermare un legame profondo, tanto l' unitarianismo quanto il trascendentalismo avvertirono il disagio di rimanere ben saldi nel proprio terreno di origine, la religione in un caso, la filosofia nell'altro: il primo, più che un credo professava un atteggiamento mentale, il secondo, più che una filosofia era una fede, "sentenziava più che speculare, asseriva più che mettere in dubbio" (Vernon Louis Parrington, Op. cit., p. 478).

Tagliati i ponti con il razionalismo settecentesco, abbandonato Locke per Platone, trovarono i segni evidenti di una nuova era in Wordsworth, Shelley, Cousin, Madame de Stael, Coleridge e Carlyle

"e la fresca bellezza di questa nuova poesia, l'enorme stimolo di quella nuova metafisica, accese in loro il desiderio di cercare ispirazione alla loro fonte e bere dalle loro linfe vitali. Così scopersero la Germania romantica, dove il nuovo idealismo aveva scalzato la filosofia sensista, e dove una grande scuola di pensatori trascendentalisti dominava trionfalmente il campo. Fu una scoperta profondamente stimolante, e ad essa risale la nascita del trascendentalismo del New England" (Ibid., p. 478). "La metafisica di Kant, il misticismo di Jacobi, il soggettivismo idealistico di Fichte, il trascendentalismo di Schleiermacher - il nuovo vangelo del rinascente spirito germanico - queste furon le vivide acque della verità per gli assetati intellettuali del New England" (Ibid.).

Tuttavia, proprio perché il trascendentalismo fu essenzialmente una fede, i trascendentalisti si tennero a una certa distanza dalle maglie troppo strette della metafisica, preferendo essere poeti, profeti e mistici. Emerson, a questo proposito, riesce ad essere molto esplicito:
"La mia è una certa fugace esperienza che mi ha sorpreso per strada o al mercato, in qualche posto, in qualche momento - nel corpo o fuori del corpo, lo sa Iddio -, rendendomi conscio di aver per tutto questo tempo fatto la parte di un folle tra i folli, ma che la legge esisteva per me e per tutti; che mi spetta la fiducia, la fiducia e l'obbedienza di un fanciullo, e l'adorazione delle idee, e che non dovrò mai più esser folle" ( The Transcendentalist ).
Tanto poco "filosofiche" in senso tradizionale sono le esperienze cui queste affermazioni rinviano, da non poter neppure essere comunicate, se non in particolarissime "circostanze":
"Se non hai bisogno di udire il mio pensiero, perché sai leggerlo sul mio viso e nel mio comportamento, allora te lo esporrò dall'alba al tramonto. Se non sai indovinarlo, non comprenderesti ciò che dico" ( Ibid.,).

Essenzialmente il trascendentalismo esaltava al massimo grado la natura umana. Se gli unitariani ne avevano compreso l'eccellenza, i trascendentalisti la dichiararono divina.
"Scopersero la voce segreta di Dio nella vita sotterranea che gli uomini chiamano istinto; rifiutarono di ascoltare qualunque altro comando eccetto questa voce interiore di Dio" (V. L. Parrington, op. cit., p.479).
E tuttavia occorre tener presente che è la coscienza, non il senso, la base della verità; che l'anima individuale precede il suo "rivestimento" corporeo, nel senso che ne è la causa, non la conseguenza; che l'intuizione rende possibile l'unione tra l'Anima (l'Atman dell'induismo) e la Superanima ( Forza vitale, Dio, Brahma).
Ma non soltanto nella natura umana può essere ricercata la Superanima, dal momento che la Natura tutta, il Non Io, "riveste sempre i colori dello spirito", è "il simbolo dello spirito" (R. W. Emerson, Nature, 1836), è l'altra faccia dell'Anima.
I maggiori esponenti del trascendentalismo americano sono, oltre naturalmente a Emerson, Henry David Thoreau e Margareth Fuller.
Ricordiamo, inoltre:
Amos Bronson Alcott, Orestes Augustus Brownson, James Freeman Clarke, John Sullivan Dwight, Sara e Angelina Grimke, Sophia Peabody Hawthorne, Frederik Hedge, James Marsh, Theodor Parker, Elizabeth Palmer Peabody, George e Sophia Ripley, Jones Very.


















UNITARIANISMO

L' unitarianismo affonda le sue radici nei primi secoli del cristianesimo. Molto prima di essere diventato una "chiesa" e di essere conosciuto con questo nome, si era manifestato come movimento spontaneo di opposi zione al dogma trinitario. Gli unitariani fanno riferimento anche ad Origene, che mise l'accento sull'"umanità" di Gesù, negò l'inferno e parlò di un Dio misericordioso che vuole salvare tutti gli uomini.

Nel '500 cominciarono a prendere piede le prime comunità unitariane, sia pure con le più disparate denominazioni, in Svizzera, Gran Bretagna, Ungheria e Italia. Nel 1638 nasce in Transilvania la prima Chiesa Unitariana. Fra coloro che portarono in America l'unitarianismo vi fu Joseph Prietsley, un pastore unitariano che viene ricordato anche per aver scoperto l'ossigeno. Questi fondò la prima chiesa esplicitamente unitariana d'America nel 1796, a Philadelphia.

Nel 1805 lo Harvard College, nel quale affonda le sue radici la letteratura del New England, affida la cattedra di Teologia ad un professore unitariano (e per reazione, nel 1807, i calvinisti fondano il Seminario teologico di Andover). Nel 1825 nacque l'American Unitarian Association.

L'unitarianismo americano, divenuto una cosa sola con le idee liberali che si stavano diffondendo nel New England tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento, sottopose ad una critica serrata i vecchi dogmi calvinisti e, "soppesando la dottrina degli eletti e dei reprobi con quella della generosità di Dio e della perfezione umana, giunse infine a rifiutare la prima come bestemmia contro Dio e diffamazione della natura umana." (Vernon Louis Parrington, Storia della cultura americana. II La rivoluzione romantica. 1800-1860, p. 406, Torino 1969). In tal modo l'unitarianismo "rovesciava il processo mentale del calvinismo. Invece di abbassare l'uomo a creatura inferiore, soggetto a un Dio di vendetta, professava di scoprire un padre amorevole nell'amore del cuore umano. Era veramente una rivoluzione che aveva in sé i germi del trascendentalismo, delle utopie del New England" ( Ibid., p.410).

Una religione siffatta, che vede la propria apoteosi - secondo le parole di William Ellery Channing - "nell'adorazione della bontà", era tuttavia
"più un atteggiamento mentale che un credo", era "il recupero del principio originario del separatismo del New England, andato perduto nei lunghi anni di conformismo ortodosso - il principio dell'apertura mentale e delle libertà di ricerca. Che ogni anima devota, ogni gruppo di credenti ricerchi la verità dove la può trovare, annunciavano gli unitari; che ognuno la estrinsechi nel modo che meglio ne rivela la divina natura; non cercando di imporre agli altri una particolare interpretazione, ma prendendo su di sé la piena responsabilità del proprio benessere individuale. L'autorità è considerata il supporto del debole; il dogma, il corpo di una fede morta" (Ibid., p. 411).

Per la verità, bisogna dire, una "autorità" gli unitariani la riconoscevano: quella delle Scritture, aperte a tutti e in grado di lasciar intravedere all'occhio attento la rivelazione di Dio. Va ricordato, infine, che sotto il profilo sociale l'unitarianismo, nonostante "l'adorazione della bontà", fece proseliti soprattutto tra i benestanti e gli uomini di successo, tanto da essere considerato, al tempo di Emerson, il culto degli "arrivati".
















Thomas CARLYLE
(1795-1881)


Saggista, filosofo e storico scozzese di stretta formazione calvinista e puritana, uomo di forte tempra morale e grande indipendenza intellettuale, Thomas Carlyle visse in pieno la svolta impressa dal Romanticismo alla cultura inglese del suo tempo, che alla fine del Settecento era ancora fortemente influenzata dagli illuministi francesi.
Del Romanticismo, tuttavia, accolse l'etica, non l'estetica. Giovanissimo, poteva avvalersi della conoscenza del greco e del latino, da una parte, e del francese, dell'italiano e dello spagnolo dal'altra, e tuttavia risultò decisivo, nella sua formazione, lo studio del tedesco. Scoperse, anche sulla scia di Coleridge, autori come Schiller e Goethe. Al primo dedicò la sua prima opera di rilievo, Life of Schiller (1823), del secondo tradusse il Wilhelm Meisters Lehrjahre. Si convinse dell'eccellenza del Romanticismo tedesco, di ben più ampio respiro rispetto a quello inglese, che per altro non disponeva del poderoso supporto filosofico dei Kant, Fichte e Schelling.

Con Signs of the Times inaugurò la serie delle "requisitorie" contro l' Inghilterra vittoriana , accusata di essersi consegnata all'industrialismo, di essersi ridotta a una società senz'anima che aveva smarrito i valori veri della vita.
Con Characteristics (1831) sviluppò, essenzialmente sotto il profilo teoretico, la sua critica sociale, che si impernia sulla superiorità dell'intuizione e dell'immaginazione sul freddo raziocinio e sul meccanicismo disumanizzante che ne consegue. Allo strapotere della macchina egli contrappone una "dottrina del lavoro" che afferma, appunto, il primato dello spirituale, e che testimonia, in lui, una fine sensibilità sociale. Va ricordata, a tal proposito, l'influenza esercitata su Carlyle dai profeti delle riforme: Cobbett, Sain-Simon, William Godwin, Robert Owen. Chartism (1839) rappresentò una denuncia ancor più esplicita dell'industrialismo e delle dottrine liberistiche che lo postulano, e questo proprio negli anni in cui più evidenti erano le conseguenze disastrose del laisser faire. Assieme al liberismo Carlyle condanna anche la democrazia, incapace, a suo modo di vedere, di porre un limite all'egoismo dei pochi privilegiati e di sanare le piaghe sociali.
Con Past and Present (1843) la sua critica sociale, ancorché prodiga di suggerimenti utili a sanare le piaghe del presente, si ammanta di una struggente nostalgia per il medioevo.

The French Revolution (1837) apre la serie delle opere storiografiche. Vi prende forma una concezione mistica e provvidenziale della storia, e nel contempo si evidenzia un metodo storiografico che fa ampio ricorso all'immaginazione, ritenuta in grado di ricostruire il significato degli avvenimenti con ben altra profondità rispetto alle fredde analisi proprie delle più consolidate metodologie storiografiche.
On Heroes (1841), Oliver Cromwell's Letters and Speeches (1845) e The History of Frederik the Great (1858-65) rappresentano il coerente sviluppo di questa concezione della storia e della storiografia. Una particolare importanza, nella nostra ottica, deve essere attribuita a On Heroes, per l'influenza esercitata su Emerson, che a distanza di pochi anni (1845-46) terrà le sue lectures sui Representative Men:

"L'idea guida viene dal concetto filosofico di Fichte secondo cui tutto ciò che è visibile sulla terra, compreso il genere umano, è la veste di sensibile apparenza sotto la quale regna, profonda e suprema realtà, l'«idea divina» del mondo. Veniamo da un mondo invisibile al quale dovremo tornare e il tragitto che ci incombe di percorrere viene illuminato dallà luce della coscienza. Ma non tutti gli uomini si avvalgono di quella luce: ci sono i geni del male che sacrificano l'eterno al perituro, l'anima alla materia; ci sono gli uomini-fantasma, schiavi delle sensi-bili apparenze, per i quali la vita appare come un succedersi di effimere scene, alle quali solo credono finendo
così per cadere vittime di convenzioni e ipocrisie. Ci sono, infine, quelli che non perdono di vista l'Eterno; sono i soldati della verità e della giustizia; sono coloro che credono nella parola rivelata di Dio. Gli Eroi, dunque.
Ecco allora l'idea madre di Fichte, poetizzata da Jean Paul Richter nei suoi romanzi, travasarsi in Carlyle che l'applica alla storia e alla critica letteraria. E siccome la storia universale non è per lui altro che una serie di biografie, ne discendono un metodo biografico e un metodo storico.
Il primo si diversifica dai precedenti, poniamo da quello del Dr. Johnson nelle Lives of the English Poets (Vite dei poeti inglesi), in quanto inquadra il personaggio nell'epoca in cui visse: così infatti vede Goethe, come spirito di un uomo ma anche di ùn'intera nazione, di un'epoca; così in Federico di Prussia vedrà la storia del XVIII secolo. Il secondo metodo considera la storia come l'essenza di innumerevoli biografie. La storia, dunque, si scrive rievocando la vita di coloro che l'hanno scritta e hanno costruito ciò che rimane stabile nel mondo. Non le masse «schiave della birra e delle ciance», non le caste, le cricche, le camarille dei fraudolenti, ma coloro che hanno fatto la storia, gli eroi, esseri superiori nello spirito, i messaggeri divini mandati sulla terra a predicare la «divina idea». Uomini puri, votati alla rinuncia (Carlyle ripete spesso il sostantivo goethiano Entsagung rinuncia, abnegazione), all'azione, all'ideale, alla più assoluta moralità, a rigoroso senso del dovere, senza il quale la vita èuna sala di ricreazione, un ballo in maschera, un carnevale. E Carlyle odiava il clamore inconcludente dei facinorosi demagoghi perché la vita è operosità e silenzio. Viviamo sospesi tra due silenzi, diceva, quello degli astri e quello delle tombe. E la nostra condizione esistenziale, e dal silenzio si leva la voce che dobbiamo ascoltare per la nostra salvezza, la voce dell'eroe che coglie il pensiero divino e lo rivela agli altri; anzi, cerca di attuarlo nel mondo".


(Giorgio Spina, Introduzione a: Thomas Carlyle, Gli eroi. Il culto degli eroi e l'eroico nella storia, Milano 1992.)

Va ricordata, infine, un'opera particolarissima e difficilmente classificabile, forse il capolavoro di Carlyle: Sartor Resartus (1833-4). E' un misto di autobiografia - in sostanza può considerarsi l'autobiografia spirituale di Carlyle -, trattato e romanzo. L'idea centrale è ancora una volta l'appartenenza dell'uomo all'ordine spirituale.

Una profonda e duratura amicizia si stabilì tra Thomas Carlyle e Ralph Waldo Emerson. Quest'ultimo si adoperò per far conoscere l'amico al pubblico americano, anche facendone pubblicare le opere. Tanto che la fortuna americana di questo genio scozzese precedette di molto quella inglese. Carlyle ebbe forse a pentirsi di non aver ascoltato Emerson che lo invitava a trasferirsi oltreoceano, visto che la madrepatria gli tributò fama e onori molto tardivamente, dopo averlo costretto a vivere per quasi tutta la vita in umilianti ristrettezze economiche.

Tra gli amici e gli ammiratori di Carlyle vi furono, inoltre, John Stuart Mill, Charles Dickens e Giuseppe Mazzini.

Nel Web, in Inglese: (biografia, cronologia, bibliografia, contesto storico-culturale e politico-sociale) Thomas Carlyle: An Overview














William WORDSWORTH


Nel Web, in Inglese:
Romantic Chronology: Wordsworth.
















Samuel Taylor COLERIDGE


Nel Web, in Inglese:
Romantic Chronology: Coleridge.

















John LOCKE
(1632-1704)


In termini generali, e in modo schematico, si può dire che la riflessione filosofica di John Locke è strettamente legata all'attività pratica; e anche la sua intonazione empiristica consiste soprattutto nello scegliere, tra più soluzioni possibili, quella che meglio s'accorda col "buon senso" e con le esigenze di un ordinato vivere umano.
Si tratta di una ricerca del ragionevole, piuttosto che del razionale. Questa ragionevolezza pragmatica ispira la concezione lockiana della politica e della religione, e, infine, anche del conoscere in generale, in quel Saggio sull'intelletto umano che il Locke elaborò per circa vent 'anni, e che, uscito nel 1690, gli diede la massima fama di filosofo. Prima di allora il Locke (che aveva studiato a Oxford, e vi aveva subito l'influsso delle idee, liberali in fatto di religione, del cancelliere di quell'Università, John Owen) si era occupato, non solo di filosofia, ma di medicina e di politica militante. Divenuto segretario di Lord Ashley (dal 1672 conte di Shaftesbury), ne seguì le sorti politiche, e dal 1675 al 1679 dovette ritirarsi in Francia, con notevole vantaggio per la sua cultura filosofica. Poi, dal 1683 all"89, in Olanda. La rivoluzione liberale, che portò sul trono Guglielmo d'Orange, gli permise di tornare in Inghilterra, onorato come il teorico del nuovo regime, e gratificato d'incarichi importanti. Nel corso del 1689 uscirono l'Epistola sulla tolleranza (a cui ne seguirono altre tre sullo stesso argomento: nel 1690, 1692 e 1704) e i due Trattati sul governo civile, in cui trova espressione il liberalismo religioso e, soprattutto, politico del Locke. Egli si è conquistato, in quanto appunto teorico del liberalismo, un posto importante nella storia delle dottrine politiche. Più tardi, dopo il 5aggio, il Locke compose altre opere filosofiche, tra cui i Pensieri sull'educazione (1693) e La ragionevolezza del cristianesimo (1695).
Per quanto riguarda il problema gnoseologico, bisogna dire che Locke fu l'anticipatore della grande riflessione kantiana. Infatti con lui il problema della conoscenza divenne il problema centrale della filosofia. Tuttavia la sua critica dell'innatismo cartesiano, e quindi la negazione dell'esistenza di idee innate, rendono abissale la distanza tra il suo pensiero e quello di Kant. Stesso discorso per quanto riguarda il rapporto con Emerson, il cui trascendentalismo si richiama esplicitamente a quello del filosofo di Koenigsberg.
Locke è considerato il padre dell'Illuminismo inglese.

Nel Web, In Inglese:
The Victorian Web. John Locke















Henry David THOREAU
(1817-1862)


Henry David Thoreau nacque a Concord, Massachussetts. Fece i suoi studi ad Harvard, quindi svolse, nella suacittà natale e a Staten Island, New York, attività di insegnamento.
Dal 1841 al 1843 visse nella casa di Emerson, dove venne a contatto con vari esponenti del movimento trascendentalista, al quale egli aderì con entusiasmo.
Nel 1845 - seguendo l'illustre esempio di Rousseau - decise di vivere un'esperienza che si rivelerà fondamentale. Così egli stesso la riassume:
" Vivevo da solo, nei boschi, a un miglio di distanza dal più prossimo vicino, in una casa che mi ero costruito da me sulle rive del lago Walden, a Concord, Massachusetts, e mi guadagnavo da vivere con il solo lavoro delle mie mani. Vissi colà per due anni e due mesi." (H. D. Thoreau, Economy, in Walden, 1854).
Con il saggio sulla Civil Disobedience ("Disobbedienza civile"), del 1849, Thoreau si è conquistato un posto importante nella storia delle idee, tanto che ne trassero ispirazione personaggi storici del calibro di Gandhi, leader come Martin Luther King, e, primo fra tutti, il re di Danimarca, che durante il secondo conflitto mondiale, ai nazisti che imponevano a tutti gli ebrei di portare cucita addosso la stella di Davide, rispose "obbedendo" egli stesso (cioè disobbedendo nel più clamoroso dei modi) a quell'ordine iniquo.
Il saggio fu scritto in seguito ad un'altra importante esperienza personale di Thoreau: il rifiuto di pagare le tasse in segno di protesta verso la guerra contro il Messico (1846-48), affrontando per questo il carcere.
Ecco una sintesi - è Thoreau stesso che parla - dei concetti fondamentali della Civil Disobedience:
"Accetto di cuore il motto «Il governo migliore è quello che governa di meno»; mi piacerebbe vederlo attuato più rapidamente e sistematicamente. Messo in pratica, esso in ultima analisi viene a dire, ciò che anch'io credo, « Il gover
no migliore è quello che non governa affatto»; quando gli uomini vi saranno preparati, questo sarà il genere di governo che essi vorranno. Il governo nel migliore dei casi non è che una opportunità; ma la maggior parte dei governi sono sempre, e tutti i governi son qualche volta, inopportuni.
Un governo in cui comandi la maggioranza non può in alcun caso esser fondato sulla giustizia... Dovremmo essere prima uomini e poi sudditi. Non è auspicabile coltivare un rispetto per la legge grande quanto quello per il diritto... Come deve comportarsi un uomo oggi di fronte a questo governo americano? Rispondo che non può senza ignominia essergli ligio. Non posso neppure per un momento riconoscere quella organizzazione politica come il mio governo, che è anche il governo degli schiavi... Non c'è che poca virtu' nell'azione delle masse di uomini... Non è un dovere dell'uomo, naturalmente, dedicarsi alla sradicazione di qualunque, anche della piu' enorme ingiustizia; egli può anche essere onesto occupandosi d'altro; ma è suo dovere, per lo meno, lavarsene le mani, e, se non le dedica altri pensieri, non darle praticamente il suo appoggio. Se io mi dedico ad altre attività e contemplazioni, devo per lo meno vedere prima di tutto di non perseguirle sedendo sulle spalle di un altro uomo. Devo innanzitutto lasciarlo libero, perché anch'egli possa dedicarsi alle proprie contemplazioni... Se la legge è di tal natura da richiederti di essere un agente dell'ingiustizia verso gli altri, allora, dico, infrangila. Che la tua vita faccia frizione e arresti la macchina... Quanto all'adozione dei mezzi forniti dallo stato per por rimedio a questo male, io non ne so niente. Essi richiedono troppo tempo, e passerà una vita umana... Molti stanno supplicando lo stato di dissolvere l'Unione... Perché non la dissolvono essi stessi - l'unione fra loro e lo stato - rifiutando di pagare le proprie quote alla sua tesoreria?"
(La citazione è tratta da: Vernon Louis Parrington, Storia della cultura americana. II La rivoluzione romantica. 1800-1860, p. 513, Torino 1969. Il Parrington ha così "assemlato", mi sembra molto efficacemente, vari brani della Disobbedienza civile. Esiste comunque una recente edizione italiana del saggio di Thoreau, a cura di Franco Meli, edito da SE, Milano, 1992. Questa edizione presenta, insieme a Disobbedienza civile, il saggio In difesa del capitano John Brown.)

Con l'altro suo famosissimo saggio, Walden (1854), Thoreau sviluppa una concezione dell'economia, contrapposta a quella di Adam Smith - "un meschino vangelo del più e del meno" (Parrington, Op. cit., p. 500) - e in sintonia con le idee filosofiche propugnate dal movimento trascendentalista. Vi si afferma il principio che la vita è più che il cibo e il corpo, più che le vesti (cfr. Ibidem), in pratica l'applicazione del Discorso della Montagna alla vita quotidiana.
L'opera fu composta durante il periodo di "ritiro" - di cui si è detto precedentemente - nella tenuta di Walden Pond, che tra l'altro era di proprietà di Emerson, in totale immersione nella natura. E la circostanza è tutt'altro che casuale:

"Mi recai nei boschi perché desideravo vivere come volevo io, affrontare solo i fatti essenziali della vita, e veder se potevo imparare ciò che aveva da insegnarmi, e non, giunto alla morte, scoprire di non aver vissuto. Non volevo vivere ciò che non era vita, la vita è cosi cara; né volevo praticare la rassegnazione se non fosse stato assolutamente necessario. Volevo vivere profondamente e succhiare tutto il midollo della vita, robustamente come gli spartani e sgominare tutto ciò che non era vita, falciare un'ampia zona e raderla a zero, mettere la vita in un angolo e ridurla ai minimi termini, e, se si fosse dimostrata meschina, afferrarne la intera e genuina meschinità e proclamarla al mondo; o, se fosse stata sublime, sperimentarlo direttamente ed esser capace di darne un vero resoconto nella mia prossima escursione." (What I lived for, in Walden, 1854)
Walden è un libro in lode della natura e della vita, ma anche un libro di critica sociale, nel quale è evidente l'influenza del Carlyle e della sua feroce critica dell'industrialismo - così come, in questa come in altre opere, si avverte la stretta affinità con il pensiero politico di Emerson.
Concludiamo con il ritratto che di H. D. Thoreau ci offre il Parrington:

"Egli sfugge a tutte le definizioni che dovrebbero imprigionarlo. «Un paggio della natura», lo chiamò Emerson con il suo dono per le frasi sibilline; «naturalista-poeta», preferì chiamarlo Ellery Channing che lo conosceva intimamente. «Io sono un poeta, un mistico e un trascendentalista», diceva Thoreau di se stesso, trascurando i propri scritti sulla natura. Eppure nessuna di queste espressioni, pur essendo tutte vere, lo definisce adeguatamente. Col rischio di commettere una nuova sciocchezza potremmo forse suggerire che egli fu un greco divenuto economista trascendentalista. La sua vita sembra essere stata un continuo esperimento nei valori. Un filosofo dell'aria aperta cui il contatto quotidiano col vento e con l'atmosfera apriva la mente e corroborava i nervi un mistico che esplorava curiosamente il significato della natura e conosceva bene i sistemi filosofici ellenici e orientali; uno yankee, abile in varie attività manuali, ma interessato più che altro a dimostrare a se stesso quali cose fossero eccellenti, poiché non accettava nulla per sentito dire - sembra che la principale preoccupazione di Thoreau riguardasse la vita stessa e come Henry Thoreau potesse vivere nel migliore dei modi; come un essere razionale, in breve, potesse godere le facoltà dategli da Dio, economizzando quelle più alte, e non rendendosi schiavo di quelle più basse, sì da poter dire onestamente, in punto di morte: io ho vissuto". (Ibidem)

Nel Web, in Inglese: Perspectives in American Literature: A Research and Reference Guide. Henry David Thoreau.





















Margaret FULLER

(1810-1850)

Anche Margaret Fuller, come Emerson e Thoreau, nacque nel Massachussetts (a Cambridgeport, 1810). Fondatrice e direttrice, dal 1840 al 1842, del Dial, voce ufficiale del movimento trascendentalista.
Si dedicò appassionatamente alla causa dell'emancipazione della donna. Di questo impegno è fondamentale testimonianza Women in Nineteenth Century (1845).
Fu la prima donna critico letterario, per il New York Tribune, dal '44 al '46. Nel 1846 partì per l'Europa e nel 1847, a Roma, dove conobbe e frequentò Giuseppe Mazzini, sposò il marchese Giovanni Angelo Ossoli. Accanto al marito, fervente mazziniano, prese parte attiva alla Rivoluzione romana ((1848-49).
Morì nel 1850, assieme al marito e al figlioletto, nel naufragio della nave che la stava riportando negli Stati Uniti.
Nel Web, in Inglese:
Perspectives in American Literature: A Research and Reference Guide. Margaret Fuller .




















Walt WHITMAN


In attesa di inserire una scheda in Italiano. In Inglese: Perspectives in American Literature: A Research and Reference Guide. Walt Whitman
















L'INGHILTERRA VITTORIANA


Nel Web, in Inglese:

The Victorian Web Overview. Victorianism













Charles DICKENS


In Inglese, nel Web:
Charles Dickens Overview
















"LECTURE"


Che cosa vuol dire "lecture"? I dizionari dicono "lezione" e "conferenza". Occorre tener presente, tuttavia, ciò che con questo termine si deve intendere quando ci si riferisce ad Emerson e, più in generale, all'America del suo tempo. Le lectures tenute da Emerson non erano, innanzitutto, delle "lezioni universitarie". Egli parlava nei cosiddetti Lyceums, qualcosa di simile a ciò che noi oggi chiamiamo "università della terza età", con l'importante differenza che il pubblico non era costituito da anziani ma da persone "in carriera", self-made people o aspiranti tali.
Emerson, insomma, non era l'equivalente di ciò che gli americani d'oggi chiamano un airport intellectual, uno che vola da un'università all'altra e parla esclusivamente a quel tipo di pubblico.
Una lecture poteva durare un'ora, un'ora e mezza, eccezionalmente due ore. Vi era un compenso, naturalmente. Emerson poteva tenere fino a un'ottantina di conferenze all'anno, che gli garantivano, al netto delle spese di viaggio e di alloggio, un reddito paragonabile a quello di un normale professore di college. Per venticinque anni, per quattro o cinque mesi all'anno, Emerson si dedicò a questa attività, alla professione tutta americana di lecturer.
Naturalmente, le lectures erano spesso ripetute, ed Emerson aveva cura di annotare diligentemente le città nelle quali aveva tenuto questa o quella conferenza, in modo da non tenere due volte la stessa lecture allo stesso pubblico.
E' chiaro che una delle ragioni della notevole popolarità raggiunta da Emerson fu proprio la sua disponibiltà a viaggiare in lungo e in largo per gli States. Anche grazie alle sue non comuni doti oratorie, e al magnetismo che la sua persona emanava, chi lo aveva ascoltato una volta, tornava ad ascoltarlo ad ogni occasione.

Per ulteriori informazioni sulla vita di Emerson consultare la ponderosa ed esauriente biografia di
R. D. Richardson, Emerson: The Mind on Fire, Univ. California Press, 1995.


















Abraham LINCOLN

Nel Web, in Inglese (dal sito ufficiale della Casa Bianca):
Abraham Lincoln












GLI UOMINI RAPPRESENTATIVI


Emerson tenne la serie di lectures sui Representative Men qualche anno dopo l'uscita degli Heroes di Thomas Carlyle. Questo, tuttavia, non significa che, data anche la stima profonda e l'amicizia che "il Saggio di Concord" ebbe per quest'ultimo, gli stupendi "ritratti" di Emerson siano stati più di tanto ispirati dall'opera del genio scozzese, per quanto superba possa essere - e sia, in realtà.
In effetti si tratta di opere diversissime. "Gli Eroi sono per Carlyle i grandi uomini tutti, i soldati di Dio, i conquistatori del Caos. Essi sono i buoni, i saggi, i forti, che i popoli miserabili invocano come guida ed ausilio attraverso rivoluzioni e reazioni", mentre "i "Rappresentativi emersoniani sono grandi specchi in cui si riflette l'immagine del loro evocatore. Da tempo Egli cercava se stesso nei suoi Eroi: Platone, il compagno unico della sua adolescenza, l'ispiratore, il modello tipo della sua filosofia; Swedenborg, che lo aveva allucinato per tanto tempo; Montaigne, il suo autore preferito; Napoleone, il colosso della sua giovinezza; Goethe, il compagno del pensiero quando raggiungeva le olimpiche serenità; Shakespeare, il gigante della poesia inglese. In questi ritratti egli cerca di se stesso e tenta di dipingersi". (A. Biancotti, Introduzione a Gli Uomini Rappresentativi, Torino 1944).
E' indubbio, invece, che nelle due opere trovi espressione un'analoga concezione aristocratica della vita, per la quale - sono parole di Emerson - "I grandi uomini sono un collirio che guarisce dal contagio i nostri occhi".
Nel saggio introduttivo ai Representative Men, intitolato significativamente Uses of Great Men (A che cosa servono i grandi uomini), Emerson così chiarisce il suo punto di vista:
"Ammiro i grandi uomini d'ogni genere e d'ogni categoria. Coloro che si attengono ai fatti, quelli che vivono di pensiero. Amo il corrucciato ed il sereno, il «Castigo di Dio » e il «Prediletto della umana razza ». Amo il primo Cesare e Carlo Quinto, Cario XII di Svezia, Riccardo Plantageneto e Bonaparte. Plaudo all'uomo che si trova sempre all'altezza del suo còmpito, a un ufficiale che èall'altezza del suo grado; ai capitani, ai ministri, ai senatori. Amo un dominatore che sta saldo, piantato sulle sue ferree gambe, dal corpo armonicamente sviluppato, eloquente, ricco di qualità, dotato del potere di trascinare tutti gli uomini con il suo fascino, per crearne dei tributari e dei sostegni della sua potenza. Spada e bastone, o mezzi della stessa natura del bastone e della spada, fanno procedere i] mondo. Ma reputo il dominatore tanto più grande quanto più può abolire se stesso e tutti gli eroi con lui, lasciando che penetri in noi quell'elemento di ragione che non ha riguardo per alcuno; quell'irresistibile e sottilizzante forza ascensionale distruggitrice d'ogni individualismo; quella potenza così grande ch'ogni potere annulla. Allora ecco un monarca che largisce al suo popolo una costituzione; un pontefice che predica l'eguaglianza delle anime e solleva i suoi servi da ogni barbaro omaggio; ecco un imperatore che può creare la potenza del suo impero."












BOSTON

La città fu fondata nel 1630 dai pellegrini del Mayflower, nella baia di Massachusetts. Fino alla metà del '700 fu il cuore pulsante del Nuovo Mondo anglo-sassone, centro dell'élite, dell'eleganza e del progresso intellettuale, tanto da definirsi "the Hub of the Universe" ("asse dell'universo").
La città ebbe un ruolo fondamentale nella lotta per l'emancipazione: furono i suoi facoltosi mercanti a cominciare il boicottaggio dei prodotti e delle imposte britanniche, dando il via alla Rivoluzione americana.
Nel corso del XIX secolo la massiccia immigrazione dalla cattolica Irlanda ha sensibilmente modificato il carattere aristocratico e puritano della città.
Boston è tuttora un importantissimo centro economico e, soprattutto, culturale del Nord America. Ospita numerose università, Istituti di ricerca, biblioteche come la Boston Public Lybrary (fondata nel 1852) e quella dell'American Academy of Arts and Sciences (fondata nel 1780), e una delle istituzioni musicali più importanti del mondo, la Boston Symphony Orchestra (fondata nel 1881). Nelle sue vicinanze sorgono la prestigiosa Harvard University e il famoso "MIT", Massachusetts Institute of Technology, fondati rispettivamente nel 1636 e nel 1861. Vanto della città è l'aver dato i natali a Ralph Waldo Emerson, al poeta Henry Longfellow, e a tanti altri insigni uomini di cultura e di scienza.













HARVARD

L'università Harvard fu fondata a Cambridge, Massachusetts, nelle vicinanze di Boston, dalla Corte generale della colonia di Massachusetts Bay. Era il 1636, e dunque il Harvard College è il più antico degli Stati Uniti.
Il nome deriva dal suo primo benefattore, John Harvard. Tra i suoi allievi si contano letterati e filosofi del calibro di R. W. Emerson, H. D. Thoreau, William James e T. S. Eliot, ma anche presidenti degli Stati Uniti: John Adams, John Qincy Adams, Theodore Roosevelt, Franklin D. Roosevelt, John F. Kennedy.
Fucina dell'intelligentsja del New England, da sempre aperta alle idee liberali e progressiste, Harvard è, insieme a Yale e Princeton, una delle università più prestigiose d'America e del mondo.















CONCORD - Massachusetts

Cittadina situata sulle rive del fiume Concord, nelle vicinanze di Boston. Fonfata nel 1635, prese il nome dal modo pacifico con il quale il suo territorio fu acquistato dagli indiani.
Nel 1775, il 19 aprile, vi si svolse la celebre Battaglia, che diede il via alla fase militare della Rivoluzione americana.

Nell'Ottocento numerosi letterati, filosofi, artisti elessero Concord a propria residenza, Tra questi ricordiamo R. W. Emerson, Nathaniel Hawthorne, H. D. Thoreau (che vi era anche nato).
La città, o più precisamente casa Emerson, divenne il punto di riferimento e di ritrovo del movimento trascendentalista.
Nel territorio di Concord è Walden Pond, dove il più famoso discepolo di Emerson, Thoreau, visse in solitudine per due anni e concepì le sue opere più importanti.